Laura Carraro, Direttrice dell’Area Geografica Africa, risponde oggi a #5domande per proseguire il nostro percorso volto a conoscere le persone che ogni giorno costruiscono la storia del CISP.
Non dimenticare di leggere anche le interviste precedenti, a Deborah Rezzoagli, Gianluca Falcitelli, Luigi Grando e Giordana Francia. E continua a seguirci per i prossimi appuntamenti!
Ho iniziato a lavorare al CISP nel 2013, in Kenya, come capo progetto di un’iniziativa di promozione dei diritti dei bambini. Erano i primi anni in cui collaboravamo con il Dipartimento di Servizi per l’Infanzia e UNICEF per la creazione dei Child Protection Centers, hub di servizi per la prevenzione della violenza, la promozione dei diritti di bambine e bambini e il seguimento dei casi di abuso. Una collaborazione, quella con il Dipartimento, che continua ancora oggi. Qualche anno più tardi ho cominciato a lavorare in sede, come coordinatrice dell’area Africa e poi dal 2020 come direttrice.
Ci sono due esperienze in particolare che credo mi abbiano particolarmente formata.
La prima è legata agli anni di volontariato in una cooperativa di commercio equo e solidale. Erano i primi anni 2000, del Social Forum e quell’esperienza mi ha avvicinato molto ai temi della giustizia sociale ed economica. È un percorso che poi ho continuato a coltivare e che negli anni successivi mi ha portato a visitare molti produttori in diversi paesi e ha continuato ad arricchirmi e ad insegnarmi molto.
La seconda invece è per così dire la mia prima esperienza “di campo”. A Pemba, nel nord del Mozambico, per alcuni mesi a supporto di un centro di assistenza famigliare. Da allora sono stata molto legata al paese, in cui poi ho avuto la fortuna di tornare più volte e da una decina di anni con il CISP di accompagnare un programma vario sui temi dello sviluppo economico, della coesione sociale, dell’empowerment di genere.
Le sfide sono molte e gli equilibri politici, economici e ambientali che si creano sono spesso estremamente fragili. Per cui i risultati di anni di lavoro, di miglioramenti si possono sbriciolare molto rapidamente.
Ad esempio in Sudan. La guerra scoppiata ad aprile del 2023 tra le Sudanese Armed Forces e le Forze di Supporto Rapido ha provocato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, per lo più invisibile, con una involuzione drammatica dalla rivoluzione che nel 2019 ha portato alla deposizione di Omar Al-Bashir con un largo movimento di protesta civile.
Oggi la situazione continua ad essere fortemente instabile in tutto il paese, con 13 milioni di sfollati e 26 milioni di persone con insicurezza alimentare acuta. I recenti attacchi a Port Sudan hanno ulteriormente messo a rischio la stabilità che si era cercato di consolidare e che rende possibile l’intervento umanitario. Il CISP interviene nello stato di Port Sudan e di Gedaref lavorando al miglioramento dello stato nutrizionale e della sicurezza alimentare di famiglie con gravi casi di malnutrizione, sostenendo le attività agricole e la creazione di reddito delle comunità in cui lavoriamo. Lo facciamo grazie all’impegno del nostro personale, ma anche grazie al partenariato con organizzazioni sudanesi impegnate in prima linea a fronteggiare la crisi.
La speranza me la danno le persone. Penso alle mie colleghe e colleghi che quotidianamente con grande cocciutaggine e in contesti sempre più complessi insistono a cercare il modo di rendere il mondo un posto più giusto. Penso alle migliaia di persone con cui e per cui lavoriamo, ai passi avanti che sembrano piccoli ma che cambiano la vita di qualcuno, alla resilienza e perseveranza di intere comunità che affrontano un quotidiano difficile. Al di là dei sistemi, delle teorie e delle procedure, questo è un lavoro fatto da persone e sulla determinazione di queste persone conta.
C’è un gruppo di produttrici e produttori di sementi di riso, a Nkothakota in Malawi, Tipindule Seed Multipliers, che ho avuto l’occasione di incontrare più volte negli anni e di cui ho seguito in qualche modo l’evoluzione da gruppo informale di agricoltori a piccola cooperativa molto attiva e di successo nella vendita di sementi certificate. In una di queste occasioni siamo rimasti insieme un po’ più a lungo, seduti all’ombra degli alberi vicini alle risaie. Ci hanno raccontato gli obiettivi che avevano, come individui e come gruppo: rifare il tetto di casa, risparmiare abbastanza per costruire un piccolo magazzino per il riso, comprare le moto per vendere i semi fino a Karonga. Penso spesso al loro ottimismo e determinazione. Mi dà motivazione e fiducia che ce la possiamo fare!